martedì 17 gennaio 2012

UN IMBUCATO A PITTI


Venerdì 13 gennaio ore 12.00: senza alcun accredito e senza alcuna intenzione di pagare l'ingresso, dalla stazione di Santa Maria Novella mi dirigo verso la Fortezza da Basso. Alla biglietteria chiedo un accredito stampa facendo il nome di una testata online per cui ho scritto un paio di articoli, ma loro pretendono un fax su carta intestata che attesti la mia collaborazione con loro, oppure una copia dell'articolo: panico! 

Grazie al mio smartphone, riesco a mostrargli l'articolo in questione, da cui però si evince che sono un blogger, e allora la questione si fa più complicata; vabbè, vi risparmio il tiraemmolla, dopo mezz'ora son dentro!
Con sole tre ore a disposizione per visitare la fiera, salto a piè pari i vari piqquadro paciotti peuterey. Percorro i padiglioni e trovo la prima (e forse unica) meraviglia della fiera: un tabarro nero in cachemere di Sandro Zara con mascherone in argento; mi spiegano che per ottenere un tabarro occorre un telo di tessuto di tre metri per tre, e che il taglio deve essere rigorosamente a vivo, il che giustificherebbe la modica cifra di tremila euro che dovrete sborsare per farlo vostro.
Proseguo il mio pellegrinaggio, la fame si fa sentire, e per fortuna incontro i miei conterranei di Harry&sons: fingo interesse per il marchio, mi raccontano che dalla camiceria sono passati al total look, e io intanto lì ad ingollare taralli pugliesi. Chiedo anche una cartella stampa mandandoli nel panico, saluto cordialmente e proseguo. 
Percorro una lunga teoria di marchi che propongono il preppy, il country, il polo, che quasi sembra di stare in una sartoria cinematografica; e ancora marchi che promettono eleganza e stile, i cui vestiti servono a malapena a pulirsi le mani unte di tartine. 
Finalmente mi imbatto in qualcosa di interessante, giacche e abiti dal taglio impeccabile e dai dettagli rock, che mixano tessuti classici a inserti shocking. é l'inverno 2012-13 di A Workroom By Ryoji Okada. Dalla cartella stampa apprendo che Ryoji, nato a Tokio nel 1971, era destinato alla carriera di musicista, ma dopo il diploma si dà alla moda, andando a lavorare per un sarto a Savile Row. Nel 2002 fonda il suo marchio, e da allora veste numerose star giapponesi, fondendo sartorialità e stravaganza.
Intorno alle 14,30 sono già sfinito: siedo su una vecchia panca in legno dinanzi ad un monomarca e conosco Tanya, una PR maldiviana impiantata a Milano: lei vuole raccontarmi la storia del suo marchio, ma per fortuna è presa da Ipad, Iphone, I'm sorry! Decide di accompagnarmi nell'unico padiglione che non ho ancora visitato, e sulla via incontriamo un furgone di Sky cui si chiede inutilmente visibilità per il suo marchio, poi si passa a salutare un collega da Hackett (solita solfa inglese) e infine si entra al Touch, dove son già tutti intenti a smantellare. Mi presenta i gemelli diversi creatori del marchio Want Les essentiels de la vie, una linea di borse valigie accessori per un viaggiatore classico e moderno al tempo stesso e bla bla bla... 
é tempo di lasciare la fiera, mi accomiato dai miei nuovi amici e mi dirigo verso l'uscita, ma prima entro a dare un'occhiata nel padiglione di Hugo Boss. Faccio un giro, scrocco dell'acqua al bar, e chiedo di fare delle foto: mi consentono di fotografare soltanto l'allestimento: ma perchè, cosa credevano volessi immortalare???

P.S. Idea interessante quella della stampa laser pied de poule su jeans, no?

testo: Zed
foto: Zed

Nessun commento:

Posta un commento